La salsiccia di Bra: storia di un territorio in uno dei suoi prodotti di eccellenza

Il primo impatto è quello di una spirale rosso cremisi maculato di bianco, una specie di vortice senza fine che ti rapisce l’occhio, quasi in maniera ipnotica.

Nell’avvicinarti il vortice incanta anche il naso, con il profumo della carne fresca che si amalgama alle spezie e le erbe aromatiche.

Il tatto soffice ti mette sicurezza, non solo quando la premi con le dita, ma soprattutto al primo morso che, senza sforzo, forma il boccone.

Il suo gusto si svolge in delicato equilibrio tra la succulenza della carne magra e la pastosità della parte grassa, per dare poi spazio alla sapidità, agli aromi e alle spezie, in un allungo di gradevole effetto.

Questa è la Salsiccia di Bra: un prodotto di eccellenza piemontese, precisamente del comprensorio Roero, di largo consumo locale che nel tempo si è procurata una nicchia di estimatori.

Ma questa ‘spirale del gusto’ rappresenta una vera e propria spirale di curiosità, quale di essere un insaccato non stagionato di carne bovina cruda, dunque edibile in tempi brevi.

Le prime testimonianze scritte dovrebbero risalire a un Regio Decreto emanato a seguito dello Statuto Albertino del 1848, che autorizzava i macellai di Bra, come unico caso in tutto il territorio del Regno, a utilizzare solo carne bovina nella preparazione della salsiccia fresca, avendo gli stessi come clienti gli appartenenti alla comunità ebraica del vicino comune di Cherasco: purtroppo queste testimoniane non trovano nei fatti una conferma storica e, oltretutto, proprio in questo periodo storico si assiste alla chiusura del ghetto di Cherasco e l’aggregazione della relativa comunità ebraica con quella di Cuneo.

In realtà questo territorio non è mai stato vocato all’allevamento suino, pertanto la produzione di insaccati nel tempo passato doveva trovare riferimento ad altre carni, come ad esempio i salumi di oca (questi si di tradizione ebraica!) e quelli di carne bovina, immancabili in questa zona.

Infatti, per confezionare la salsiccia di Bra si utilizza esclusivamente la carne di Fassona, la razza bovina piemontese che si caratterizza per lo spiccato sviluppo della massa muscolare, dunque una carne al contempo consistente e tenera, che ben si presta all’utilizzo crudo.

Proprio per questo motivo, oggi la Fassona è allevata principalmente per la carne, ma ciò non accadeva a metà ‘800 quando l’utilizzo di questi bovini era essenzialmente per la produzione di latte, per il lavoro nei campi e per la produzione delle pelli.

In relazione alla florida attività zootecnica, tra la seconda metà dell’800 e la prima del ‘900 a Bra si assiste a un fiorente sviluppo di industrie conciarie, grazie anche alla ricchezza delle acque nel sottosuolo e, non da ultimo, la presenza di castagni, da cui ricavare il tannino, la sostanza conciante naturale che consentiva di trasformare la pelle grezza in cuoio: da qui, una macellazione costante di bovini Fassona.

In questo contesto, l’utilizzo delle carni meno pregiate dell’animale, come pance di vitello, copertine o altri tagli minori ma sgrassati, erano idonei a farne un insaccato che sarebbe stato destinato alle tavole più modeste.

Un insaccato dalla vita breve la Salsiccia di Bra, proprio perché prodotto con carne bovina e, non a caso, condito tradizionalmente con un buon mix di spezie quali cannella di Ceylon, chiodi di garofano, noce moscata, macis, cumino dei prati, sale e pepe; tutt’oggi, nonostante la ricetta originaria sia stata modificata con l’introduzione di un 20% di pancetta di maiale per consentire sia una maggiore morbidezza che una maggiore durata del prodotto, rimane un prodotto da consumare entro le ventiquattr’ore dal confezionamento.

Dunque, un prodotto secondario della macellazione della Fassona, che oggi incontra l’interesse non solo di gourmet ma anche di ristoratori; probabilmente un’antesignana dell’attuale più nobile tartare, che trova sempre nella carne di Fassona il binomio vincente.

 

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