La comunicazione del vino: passato, presente e possibili scenari futuri – Prima parte

La comunicazione del vino tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento

Introduzione

Da sempre il vino presenta attributi intangibili oltre a quelli sostanziali di bevanda alimentare: dalle citazioni riportate nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, fino ad arrivare ai più recenti fenomeni di diffusione ‘planetaria’ di alcune tipologie di vino, come ad esempio lo Champagne nel periodo della Belle Époque, si riscontrano elementi di coinvolgimento emozionale del fruitore che esulano dalla semplice esigenza nutrizionale.

Negli ultimi due decenni poi, si è assistito ad una crescente domanda di ‘cultura del vino’ da parte del pubblico, che difficilmente trova eguali in altri settori della gamma dei prodotti destinati all’alimentazione umana.

Di conseguenza, se da un lato il messaggio culturale di questo prodotto è cambiato, dall’altro la comunicazione del ‘prodotto vino’ ha fatto altrettanto, mettendo in condizione gli attori principali di questo settore a ricercare ruoli diversi, per favorire una tipologia di messaggio più adeguata con i tempi.

Abbiamo sinteticamente analizzato qual è stata l’evoluzione della comunicazione del vino in Italia degli ultimi quattro decenni e, in base a questo orientamento, quali tendenze questa comunicazione potrebbe avere in un futuro prossimo.

Nello specifico, abbiamo analizzato la comunicazione del vino senza vincolarla nello stretto contesto del marketing, ma con l’intento di valutarla in un’ottica più ampia.

Con questo primo contributo abbiamo preso in considerazione la comunicazione del vino dell’ultimo ventennio del secolo scorso, caratterizzato da una comunicazione che avveniva essenzialmente attraverso i canali tradizionali; oltretutto, un periodo storico che ha anche visto lo sviluppo della critica enogastronomica in generale ed enologica in particolare: e partiamo proprio da questo aspetto.

L’apporto del giornalismo enogastronomico nella comunicazione del vino

Il giornalismo enogastronomico del Novecento ha in un certo senso fissato le basi di quella che successivamente sarebbe diventata la più specifica e autonoma comunicazione del vino.

Un file rouge lega una serie di raccolte di articoli pubblicati su quotidiani o periodici e successivamente trasformati in libri: si parte da “Il ghiottone errante“ di Paolo Monelli pubblicato negli anni Trenta, che di fatto inaugura la critica enogastronomica italiana, descrivendo la cucina e il vino della provincia italiana attraverso una serie di viaggi compiuti dall’Autore.

Con “Vino al vino”, pubblicato nel 1977, Mario Soldati pubblica un’opera nata a seguito di tre viaggi compiuti nel 1968, nel ’70 e nel ’75 alla scoperta dei vini italiani, o meglio alla scoperta del rapporto che questi vini hanno con il loro territorio di origine e le relative sfaccettature sociali e culturali, che lo stesso autore sintetizza come segue:

“Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo. La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un soggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati.”

A un giornalista sportivo per eccellenza, Gianni Brera, spetta la staffetta successiva.

Luciano Bianciardi diceva di lui: “Gianni Brera è più bravo come scrittore. Poi viene il gastronomo. Ultimo il giornalista”.

In una breve testimonianza scritta del 1986 dal titolo “Così si beve il vino”, il cui dattiloscritto è deposto presso la Fondazione Mondadori di Milano e pubblicato successivamente da De Piante Editore, è racchiuso il suo rapporto con questo mondo: la caratteristica prosa di Brera colorata di neologismi si snoda tra aforismi, consigli di abbinamenti e vere e proprie indicazioni su come degustare il vino.

Infatti, in base alle indicazioni dell’Autore, il vino si beve ‘alla Brera’ in tre tempi ben precisi: “va odorato con un lieve moto circolare del bicchiere”, dopo “lo si accosta lentamente alle labbra e si alza in modo che la lingua ne sia ragionevolmente bagnata”, per poi “quando si sia definita la classe del vino, allora non bisogna indugiare troppo”.

Ma il vero passaggio di testimone tra Gianni Brera e colui che interpreterà al meglio la comunicazione enologica a cavallo del secolo, Luigi Veronelli, è “La Pacciada”, un libro scritto a quattro mani dai due Autori e pubblicato nel 1973: un viaggio alla scoperta delle radici enogastronomiche della Lombardia, con gli inevitabili risvolti culturali, storici, sociali e delle tradizioni della terra lombarda.

Proprio di quel periodo è il ‘Catalogo Bolaffi dei vini d’Italia n.2’, edito da Giulio Bolaffi nel 1972, che costituisce uno dei pochi punti di riferimento nella divulgazione vitivinicola del tempo: iniziativa editoriale, questa, che si deve alla lungimiranza Luigi Veronelli.

Ampia ed approfondita sarà la sua attività pubblicistica nel settore enogastronomico, con specifici approfondimenti nel settore del vino: dai cataloghi dei vini italiani e internazionali, a quelli sugli spumanti e le grappe; nel 1989 fonda la Veronelli Editore “col puntuale obiettivo di approfondire la classificazione dell’immenso patrimonio gastronomico nazionale e contribuire ad accrescere la conoscenza delle attrattive turistiche del paese più bello del mondo”.

Lo spirito anarchico porta Luigi Veronelli prima a sostenere le Denominazioni Comunali (De.Co.) come salvaguardia dell’origine di un prodotto, e successivamente a prendere posizione sul prezzo-sorgente, con lo scopo di identificare il prezzo di un prodotto alimentare all’origine, per rendere evidenti i ricarichi nei successivi passaggi dal produttore al consumatore.

L’intenso rapporto epistolare con Pablo Echaurren, pubblicato sulle pagine di “Carta”, è raccolto in “Bianco, rosso e Veronelli. Manuale per enodissidenti e gastroribelli II°”, edito da Stampa Alternativa nel 2005: qui Luigi Veronelli sosteneva che “Il vino è il canto d’amore della terra verso il cielo e i vini non si dividono in buoni e cattivi, ma tra quelli che danno gioia oppure no.”

Ma il vero anno spartiacque sulla comunicazione del vino è stato il 1986, quando Veronelli fonda il “Seminario permanente”, associazione per la cultura del vino e degli alimenti che riunisce vignaioli, agricoltori, artigiani del gusto, ristoratori, distillatori, cultori della gastronomia.

Da allora l’associazione si adopera per la diffusione delle competenze tecnico-scientifiche necessarie alla gestione dei processi produttivi, per l’approfondimento delle competenze organizzative e commerciali, per lo sviluppo delle capacità sensoriali e per la promozione della gastronomia come cultura.

Dalla sua nascita l’associazione ha organizzato incontri e corsi e dato vita a pubblicazioni tematiche nel settore enogastronomico, molte specifiche sul vino; dal 2009 edita la “Guida Oro – I Vini di Veronelli”.

Parlando di riviste di settore nate in questo periodo, occorre menzionare ‘Civiltà del bere’: fondata nel 1974 da Pino Khail con la missione di “informazione, documentazione e difesa della qualità”, è stato il primo magazine ideato e scritto da giornalisti professionisti.

Lo sviluppo del giornalismo enogastronomico e la comunicazione del vino

Un altro evento fa del 1986 un anno di svolta per la comunicazione del vino: nasce il Gambero Rosso come supplemento del quotidiano ‘Il Manifesto’, di fatto la prima rivista enogastronomica italiana; fondata da Stefano Bonilli, parla di “storia di uomini, di donne e di passioni“, con l’intento di informare il consumatore e renderlo più consapevole.

All’interno del supplemento, si trova la rubrica dedicata ai vini curata da Daniele Cernilli, che sarà anche uno dei curatori della guida “Vini d’Italia“ che nasce nel 1987, in concomitanza con lo scandalo del metanolo: l’obiettivo era quello di raccontare il vino italiano e valutarlo con parametri internazionali; dopo soli due anni questa guida viene tradotta in tedesco da Hallwag di Berna.

Nel 1992 finisce la collaborazione con il Manifesto e il Gambero Rosso diventa un periodico indipendente.

Nel 1993 Gambero Rosso inizia un rapporto con i maggiori importatori di vino negli Stati Uniti e nel 1994 nasce ‘Gambero Rosso Wine Travel Food’, una rivista internazionale in lingua inglese distribuita nelle migliori edicole, enoteche e librerie d’Europa, Usa, Canada ed Australia.

Varie le iniziative della rivista nel mondo del vino: tra il 1994 e il 1997: Top Italian Wines in USA, nel 1996 viene inaugurato il Salone del Gusto a Torino, nel 1998 il ‘Tre Bicchieri International Tour’ e ‘Guida Vini English Edition’; nel 1999 nasce Gambero Rosso Channel, il primo canale tematico in Italia dedicato al piacere della tavola: cibo, vino, viaggi, 24 ore al giorno.

Lo scandalo del vino al metanolo

Ma il 1986 è stato un anno spartiacque nella comunicazione del vino anche per lo scandalo del vino adulterato al metanolo.

Nel Marzo del 1986 avvennero decine i casi di avvelenamento da metanolo, con ventitré vittime e decine di persone con esiti di lesioni neurologiche, tra cui la cecità: le indagini fecero risalire all’utilizzo di questo alcol da parte di alcuni produttori per aumentare la gradazione alcolica dei vini, senza considerare che il metanolo a certe dosi è estremamente nocivo alla salute, se non letale.

Da questa situazione estremamente negativa nacque la presa di coscienza che qualcosa nel mondo del vino italiano non andasse e che si badasse più alla quantità che alla qualità del prodotto: da questo momento inizia un processo di cambiamento sia da parte dei produttori che dei consumatori rivolto ad una maggior consapevolezza della qualità del prodotto.

Per questo motivo, possiamo considerare lo scandalo al metanolo un vero e proprio momento di svolta nella produzione del vino in Italia.

Per Burton Anderson, il giornalista americano che ha fatto conoscere nel mondo il vino italiano: “Lo scandalo del metanolo è la cosa ‘migliore’ mai successa al vino italiano”.

Le associazioni di Somellerie 

Un valido apporto alla divulgazione e alla conoscenza della cultura del vino viene dato negli ultimi decenni del secolo scorso dalla nascita e dallo sviluppo delle Associazioni di Somellerie, anche se si deve attendere il primo decennio degli anni Duemila come momento di vera espansione di queste associazioni.

I Corsi da Sommelier organizzati da queste associazioni consentono di ottenere una qualifica professionale dopo due o tre livelli/annualità e specifici esami: ciò ha rappresentato fin dall’inizio un valido motivo di partecipazione per tutti coloro che avevano la necessità di trovare uno sbocco lavorativo nel settore.

Nello specifico, AIS (Associazione Italiana Sommelier) viene fondata nel 1965 e solo nel 1968 organizza il primo corso di qualificazione professionale per Sommelier, mentre nel 1973 arriva il riconoscimento giuridico della figura professionale attraverso un Decreto del Presidente della Repubblica.

L’obiettivo iniziale dell’Associazione Italiana Sommelier era essenzialmente rivolto a qualificare professionalmente gli operatori di settore; successivamente, il coinvolgimento si è esteso, abbracciando categorie di persone non solo operanti nel settore della ristorazione e della mescita, ma anche semplici appassionati e cultori.

Per quanto riguarda la FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori), questa viene fondata nel 1972 con lo scopo di far nascere una Federazione di Sommelier utile ad arricchire i servizi offerti da ristoranti e alberghi.

In primis con l’attività didattica, ma successivamente anche con l’attività di divulgazione attraverso le proprie riviste, pubblicazioni a tema e guide dei vini, le Associazioni di sommellerie sono diventate un momento fondamentale della comunicazione del vino, anche se con il limite rappresentato dall’eccessivo aspetto tecnico, legato alla formazione professionale della figura del Sommelier.

Le guide del vino

Come già accennato, nel 1987 nasce la prima Guida dei Vini del Gambero Rosso in collaborazione con Arcigola Slow Food, che prende il nome di “Vini d’Italia”: la valutazione qualitativa dei vini entra inevitabilmente a far parte della comunicazione del vino; la potremmo definire una comunicazione tecnica, rivolta a sensibilizzare il giudizio di consumatori, non sempre competenti nel settore.

Il sistema di valutazione scelto da “Vini d’Italia” appare da subito semplice e analogico, perché iconografico: prevede l’assegnazione di ‘bicchieri’, dove i 3 bicchieri rappresentano il punteggio massimo.

Si discosta infatti da quelli che possono essere definiti punteggi ‘digitali’, cioè numerici, normalmente espressi in centesimi.

Nel 1992 Slow Food fa uscire la prima edizione della ‘Guida al vino quotidiano’, che censisce i vini italiani migliori per il rapporto qualità/prezzo, accompagnando il lettore più o meno esperto nella scelta dei vini.

Occorre attendere il 1999 per la prima pubblicazione della Guida Bibenda, allora distribuita dalla Associazione Italiana Sommelier, per avere una seconda guida di riferimento nel settore: anche questa con sistema di valutazione analogico, dà il punteggio in grappoli, con il numero di cinque grappoli come votazione massima.

Nel 2011 nasce la guida Slow Wine curata da Slow Food, con l’obiettivo di spostare le valutazioni dai vini e dai relativi punteggi alle cantine, ai produttori e ai territori, raccontando gli stili di vinificazione e le tecniche agronomiche adottate.

Le altre guide del vino italiane di riferimento nasceranno successivamente: nel 2014 la ‘Guida Essenziale ai Vini d’Italia’ di Doctor Wine e la guida ‘Vitae’ di Associazione Italiana Sommelier.

La comunicazione aziendale del vino

Se facciamo esclusivo riferimento alla comunicazione del vino effettuata dai singoli produttori negli ultimi due decenni del Novecento, potremmo definirla di tipologia ‘outbound’, cioè il tipo di comunicazione che è alla base del marketing tradizionale, in cui le strategie creano una netta distinzione tra produttore e consumatore.

Un tipo di comunicazione, dunque, a senso unico da produttore al consumatore, in cui il primo mette a disposizione una quantità limitata di informazioni sull’azienda e sui prodotti, attraverso una altrettanto limitata gamma di canali di comunicazione che a quel tempo erano essenzialmente spot televisivi, spazi sui giornali, passaggi in radio e volantini pubblicitari.

È evidente che questo tipo di comunicazione ha la volontà di porre su due piani diversi gli interlocutori: da una parte il produttore che vanta capacità, esperienza, competenza e tecnologia, dall’altra il consumatore a cui spetta esclusivamente il compito di ricevere la proposta di acquisto, senza poter minimamente interagire su un piano propositivo.

BIBLIOGRAFIA

Alonso S. Digital wine marketing Milano, Hoepli, 2021

Brera G., Veronelli L. La pacciada Milano, Book Time, 2014

Monelli P. Il ghiottone errante Bra (CN), Slow Food Editore, 2016

Soldati M. Vino al vino Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2014

Veronelli L., Euchaurren P. Bianco, rosso e Veronelli Viterbo, Nuovi Equilibri, 2005

SITOGRAFIA

Associazione Italiana Sommelier https://www.aisitalia.it (Ultima consultazione 03.12.2022 9,30)

Coppola E. Come nasce Gambero Rosso? Dagli albori ad oggi https://master-enogastronomia.it/gambero-rosso/ (Ultima consultazione 08.12.2022 15,00)

Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori https://www.fisar.org (Ultima consultazione 03.12.2022 12,30)

Gambero Rosso https://www.gamberorosso.it (Ultima consultazione 03.12.2022 17,00)

Seminario Permanente Luigi Veronelli https://www.seminarioveronelli.com (Ultima consultazione 07.12.2022 12,00)

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