Gelateria Artigianale Bar Dante: la vera storia del Tartufo di Pizzo

Certo Novembre non è il miglior mese per visitare la Calabria, ma il tempo ci assiste e riusciamo a trovare qualche giorno senza pioggia.

Arriviamo a Pizzo e parcheggiamo alla marina, la parte bassa del paese, approfittando di fare una breve passeggiata in lungo mare dove, la piacevolezza della costa cozza con un’urbanistica lasciata un po’ a se stessa: caratteristica tipica di questi luoghi.

Decidiamo di risalire a piedi verso la parte alta del paese, passando da stretti vicoli che diventano ripide scalate, con improvvisi scorci sui tetti che scoprono il mare al cui orizzonte si intravedono parte delle isole Eolie.

L’ultimo stacco ci porta dal quattrocentesco Castello Aragonese, già prigione e poi luogo di esecuzione di Gioacchino Murat, fino a Piazza della Repubblica, la piazza principale del paese, che si apre da un lato offrendo un bellissimo affaccio sul Golfo di S. Eufemia.

Proprio sulla piazza diversi caffè offrono i loro tavoli all’aperto, quasi tutti richiamando l’attenzione con grandi immagini a quello che il simbolo dell’arte gelatiera di Pizzo: il Tartufo.

La nostra scelta cade a caso su quello che rimane per primo sul lato sinistro della piazza provenendo sempre dal lato del mare: la Gelateria Artigianale Bar Dante, che si presenta con cartelloni che, accanto al tipico gelato, affianca l’immagine del poeta toscano.

Ci accomodiamo a un tavolo e, in breve, ci raggiunge la ragazza addetta ai tavoli cui chiediamo consiglio: ovviamente il Tartufo classico al cioccolato è quello proposto per primo, mentre la seconda scelta cade su quello al pistacchio.

La ragazza ci tiene ad assicurare l’estrema qualità dei prodotti usati: nocciole del Piemonte, pistacchi di Bronte, cacao e latte di prima qualità.

In breve tempo ci serve i due tartufi: il loro aspetto tondeggiante è di per sé invitante, ma non sono da meno le guarniture al cacao e ai pistacchi sminuzzati che ricoprono interamente la sfera di gelato.

Il Tartufo al cioccolato non si presenta eccessivamente compatto ma morbido: il primo affondo di cucchiaio scopre lo strato sottostante composto di gelato di nocciola, fino ad arrivare al cuore di squisito fondente di cioccolato.

Il Tartufo al pistacchio presenta, sotto la guarnitura dei pistacchi spezzettati, un delicato gelato sempre di pistacchio: poi il cucchiaio affonda nel gustoso cuore di fondente di pistacchio che, nonostante la temperatura del prodotto, rimane fuso.

In entrambi i casi, in bocca il sapore è pieno, non eccessivamente dolce, che lascia ampio spazio agli ingredienti principali usati: una piacevole degustazione che non stucca.

Rimaniamo ancora un poco al tavolo mentre la piazza comincia a movimentarsi nell’ora che precede il pranzo, poi decidiamo di alzarci per pagare il conto e ci dirigiamo all’interno del bar: al banco ci accoglie una florida e affabile signora.

Mentre ci presenta lo scontrino, su nostra richiesta ci fornisce il bigliettino del locale, spiegandoci che sul retro è riportata la storia del bar e del Tartufo di Pizzo.

La signora, titolare del locare che si presenta semplicemente come Barbara, ci spiega che i loro prodotti hanno mantenuto la rigida produzione artigianale, conservando il metodo originale di produzione.

La Signora Barbara ci racconta la storia del bar, che è poi la storia del tartufo di Pizzo.

Originariamente il locale si chiamava Gran Bar Excelsior: l’allora proprietario Jannarelli lo vendette nel 1940 al maestro pasticcere messinese Dante Veronelli che lo ribattezza Gelateria Dante; con lui collabora un giovane pasticcere, anche lui messinese, Giuseppe De Maria, meglio conosciuto come ‘Don Pippo’.

Il Bar Dante, grazie alla capacità dei due artigiani pasticceri, diventa molto popolare nella zona in particolare nei primi anni dopoguerra: nel 1950, De Maria rimane l’unico proprietario in seguito alla scomparsa dei Veronelli.

Ma è nel 1952 che Don Pippo De Maria lega indissolubilmente il suo nome al Tartufo di Pizzo: in occasione di un matrimonio importante con parecchi invitati, non avendo più a disposizione gli stampini per confezionare il gelato inventò, giocoforza, quella che è rimasta la procedura per confezionare il tipico gelato pizzitano.

Nell’incavo della mano raccolse uno strato di gelato al cioccolato, pose successivamente  una porzione di gelato alla nocciola poi, da ultimo, un cuore cioccolato fuso; avvolse il manufatto in un foglio di carta alimentare, gli diede la tipica forma del tartufo e lo mise a raffreddare.

Da necessità, virtù: la nuova ricetta spopolò immediatamente, portando notorietà al maestro pasticcere De Maria anche oltre i confini della Calabria, fino al suo pensionamento, che avvenne intorno al 1960.

La Signora Barbara ci spiega poi come l’attività sia arrivata ai giorni nostri e agli attuali proprietari. Nel 1950 il suocero della Signora Barbara, Giorgio Di Iorgi, iniziò la propria attività di cameriere presso il Bar Dante; col tempo si appassionò alla confezione dei gelati, apprendendo tutti i segreti del suo maestro ‘Don Pippo’ e, quando quest’ultimo lasciò l’attività per la pensione intorno al 1960, Di Iorgi la rilevò facendone l’attività di famiglia.

Ad oggi l’attività coinvolge almeno due generazioni della famiglia: i maestri gelatai oltre a conservare gelosamente la ricetta originale del Tartufo di Pizzo, producono altri ottimi prodotti di gelateria, come le cassate e la granita alle fragoline di bosco.

Il racconto della Signora Barbara ci fa capire quanto la dedizione di questa famiglia ha, nei decenni, contribuito a far conoscere un prodotto unico nel suo genere, non solo nelle caratteristiche ma anche nella sua genuinità.

Le sue parole e il suo caloroso saluto al momento di lasciare il Bar Dante non possono che corroborare il piacevole gusto dei Tartufi che abbiamo ancora in bocca.

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